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lunedì 14 luglio 2014

FILOSOFIA ----------------- ANCHE CHI CONSUMA "PRODUCE"

File:GDP EU TOP 5.svg
Andamento del PIL per Germania (D), Francia, Gran Bretagna(UK), Italia e Spagna(E)(fonte EUROSTAT)
PREMESSA
Questo post è più "digeribile" per chi ha qualche base di economia, ma l'ho messo nella sezione filosofica perché propone un mutamento nel modo di trattare il lavoro ed il consumo.

IL PROBLEMA
Come è noto nelle economie progredite o "mature" si sta verificando un problema di competitività con le economie in sviluppo, a causa del modo con cui è retribuito il fattore lavoro. Le economie progredite hanno un forte ed esigente mercato interno che richiede prodotti di qualità, ed è per questo che da lì vengono di solito i prodotti migliori, in pratica i consumatori selezionano i prodotti, anche se le imprese tentano di dirigere almeno in parte i loro gusti.
Il lato negativo sta nella retribuzione dei lavoratori nei Paesi "maturi", che è molto più alta dei lavoratori dei Paesi in sviluppo e rende il costo dei prodotti meno competitivo rispetto a questi ultimi.

LE FUNZIONI ECONOMICHE DELLE PERSONE
In effetti ogni persona che vive in un Paese svolge varie attività spesso non retribuite, ma che hanno invece una forte utilità per tutta la comunità, per esempio mette al mondo e educa e fa crescere i figli, che garantiscono nuovi consumatori e lavoratori, fa funzionare il sistema politico come elettore, infine, funzione più direttamente economica, seleziona i prodotti da consumare.
Questo ultimo compito è decisivo, se il mercato interno di un Paese non seleziona le imprese con i prodotti migliori, queste non saranno spinte a migliorare la produzione, e infine le renderà incapaci di affrontare la concorrenza estera.
Questa funzione, però, è utile ad un sistema economico nel suo complesso, una persona seleziona tanti prodotti, non solo quelli dell'azienda per cui lavora, per non parlare della funzione riproduttiva ed educativa, politica, ecc, che solo indirettamente riguarda l'economia.
Quando una azienda assume a tempo pieno un lavoratore, non lo paga solo per la funzione direttamente a lei necessaria, cioè il lavoro che può fare, ma lo paga per garantirgli anche tutte le altre funzioni, di cui l'azienda gode solo in parte il frutto.

POSSIBILI SOLUZIONI
Negli ultimi anni si è creato un dibattito sul cosiddetto "reddito di cittadinanza" che avrebbe l'obiettivo di garantire a tutti un reddito di sussistenza, alla luce di quanto ho scritto prima questo reddito avrebbe un ruolo diverso, esso può essere visto come un compenso dato per lo svolgimento di precise funzioni nel sistema economico, funzioni che però non sono godute da soggetti determinati, ma da tutto il sistema economico, quindi non parlerei di "reddito di cittadinanza" ma di "reddito sociale".
Tale reddito, però, ha un senso se contemporaneamente si attivi un processo che sollevi le imprese dal peso di retribuzioni che vanno al di là del mero compenso per il lavoro prestato, sopprimendo anche tutta una serie di posti di lavoro privi di effettiva utilità, determinando un grosso cambiamento nella struttura della spesa pubblica, delle entrate pubbliche e nel livello delle retribuzioni.

ALCUNI CALCOLI PER DETERMINARE LA FATTIBILITA'
Facciamo qualche conto:
Ammettiamo che un singolo abbia in media un fabbisogno finanziario medio di circa €8500 annuali per la sussistenza (alimentazione, vestiario, alloggio e bollette per acqua, energia e comunicazioni), per l'alloggio ovviamente bisognerà ammettere una eventuale divisione con altri.
Questo fabbisogno medio vale per tutti, adulti, bambini, vecchi.
La spesa necessaria per un paese come l'Italia sarebbe di (€8500 per 60M di abitanti) 510 G€ (510 miliardi di euro).
Approssimativamente è 1/3 del Prodotto nazionale lordo, che, per quanto detto prima, sarebbe erogato tramite la spesa pubblica finanziata da imposte.
Teniamo presente che questo reddito non va tassato, per evitare un inutile giro di denaro con relativi adempimenti burocratici e quindi altra spesa inutile.
A questo ammontare va aggiunta la spesa pubblica, attualmente sarebbe di circa 800 G€, ma è un importo che non tiene conto che gran parte delle prestazioni sarebbero assorbite dal reddito sociale, per esempio gli assegni di disoccupazione, la cassa integrazione, tutte le pensioni e gli stipendi ai dipendenti pubblici per la parte sotto i 700 euro netti o 1400 lordi mensili.
Mancando dati attuali mi baso su questo documento ISTAT che, pur riferito al 2007, da una idea delle proporzioni delle voci di spessa interessate:
http://snipurl.com/293m5kq (pagina 5).
- La voce "Redditi di lavoro dipendente vale 165 G€, ammettendo uno stipendio lordo medio di 40.000 € annuali, considerando che 8500 euro netti sostituirebbero circa 17.000 euro lordi si ottiene un risparmio del 42% cioè di 70 G€, tuttavia il forte risparmio di ore lavoro retribuite dovute alla cancellazione di tantissimi adempimenti e funzioni burocratiche dovuto al fatto che le prestazioni sono automatiche e non più legate a adempimenti vari (accertamento dei requisiti, autorizzazioni, impegni di spesa, ecc.), aggiunge almeno altri 30-40 G€ al risparmio.
- La voce "Prestazioni sociali in denaro" potrebbe essere praticamente del tutto assorbita e vale 265 G€.
- altre voci relative a prestazioni sociali valgono circa 48G€, detraibili al 50%.
-Infine la voce "Spesa per consumi" anche qui verrebbe tagliata per tutta una serie di attività e funzioni della pubblica amministrazione non più necessarie, direi intorno a almeno 100G€.
Il totale delle voci precedenti copre tutta la spesa per il reddito sociale.
Al di là dei risparmi immediati dovuti alla sostituzione di prestazioni di servizi pubblici con il reddito sociale, vi sarebbero altri risparmi indotti:
-i danni risparmiati per la criminalità da bisogno, che ovviamente di fatto scomparirebbe, con la conseguente minore necessità di processi, poliziotti, carceri, ecc.
-i risparmi per le imprese dovuti ai minori adempimenti burocratici per gestione del personale, oltre al forte risparmio sui costi del personale tutto ciò potrebbe essere usato per investimenti (si spera) produttivi o/e per incentivare ricerca e sviluppo.

CONSEGUENZE POSITIVE IPOTIZZATE
Una delle prime conseguenze è che decade la tutela del posto di lavoro dal punto di vista della durata sia privato che pubblico (la sicurezza contro infortuni e malattie ovviamente resta), un lavoratore licenziato perde solo la parte di stipendio che supera il reddito sociale, ma, p.es., un nucleo familiare di 4 persone ha un reddito sociale di ben 2800 euro nette e può ben mantenersi.
Qui c'è anche un forte incentivo alla natalità e/o alla convivenza allo scopo di creare economie di gruppo.
Una impresa deve erogare stipendi che, tenuto conto di contributi, salari e tasse risparmiate arriva inizialmente a 1400 euro in meno mensili per ogni dipendente.
Ovviamente cambia la tassazione, ma non di molto, visto che già ora i redditi sotto una certa soglia sono esenti.
A queste condizioni è ipotizzabile che molti, sopratutto persone con lavori a bassa qualifica e con famiglia a carico, saranno invogliati a lasciare quel lavoro e diventare esclusivamente consumatori o cercare di passare ad un lavoro in proprio, più redditizio.

PUNTI CRITICI DEL PROGETTO
I punti sono due, uno economico ed uno psicologico, strettamente collegati.
1) a quale livello medio di compensi si collocherebbe l'equilibrio tra domanda ed offerta di lavoro?
Da una parte la piena flessibilità in entrata ed uscita dal posto di lavoro più la mancanza di una esigenza di lavorare per sopravvivere favoriscono la diminuzione dei compensi, dall'altro la diminuzione dell'offerta di lavoro potrebbe compensare tale tendenza, ma solo se tale diminuzione sia molto consistente, superando il numero di disoccupati ufficiali più quelli che vorrebbero lavorare ma attualmente non cercano lavoro per mancanza di speranze (disoccupazione nascosta).
Credo che l'equilibrio si collocherebbe ad un livello nettamente più basso del livello attuale di compensi, magari leggermente superiore a quello che avevo ipotizzato in precedenza (livello attuale meno 1400 euro).
2) quale mutamento culturale e sociale provocherebbe la sopravvivenza delle persone economicamente garantita?
E' una situazione praticamente inedita nella storia a livelli così massicci. Ci sono sempre stati ceti in queste condizioni, come quelli che vivevano di rendita, ma non si è mai arrivati a coprire una intera popolazione.
L'unico parallelo possibile è quello con la plebe di Roma durante i secoli dal secondo al quarto circa, l'acqua, il cibo, i divertimenti e la cura del corpo (terme) erano tutte fornite dallo Stato gratuitamente a tutti i cittadini romani, ma c'era una grossa differenza, i cittadini non facevano realmente nulla, non selezionavano i prodotti perché già forniti dallo Stato, non sceglievano le cariche pubbliche perché c'era l'Impero, non avevano accesso a scuole per migliorare la propria cultura, al massimo educavano (piuttosto male) i figli.
Queste differenze possono bastare a impedire una degradazione della società? E' una cosa da discutere, non è per niente scontata una risposta positiva o negativa.